Silicon Valley chiama Italia: la storia inedita dell’ingegnere che portò Intel e Amstrad nel Belpaese (e disse no ad Alan Sugar)

Dott. Gordon Moore, Ing Ettore Accenti

Con fotografie esclusive e documenti inediti: la straordinaria storia dell’ingegnere italiano che collaborò con Gordon Moore, Steve Jobs e Alan Sugar, costruendo il primo ponte tra Silicon Valley e mercato italiano

Lugano, 30 ottobre 2025. Mentre inaugura la Silicon Valley Library alla SUPSI donando documenti originali degli anni 70, Ettore Accenti accenna un sorriso con malcelata nostalgia. Il pensiero corre a quella lettera scritta nel 1969 a due pionieri della Silicon Valley: Gordon Moore e Robert Noyce. Una lettera che avrebbe cambiato per sempre il mercato tecnologico italiano.

Milano, 1969-1990. Mentre l’Italia si affaccia timidamente all’era digitale, un giovane ingegnere del Politecnico di Milano costruisce ponti tra la Silicon Valley e il mercato italiano. Ettore Accenti: fondatore di Eledra 3S nel 1966, primo rappresentante Intel in Europa dal 1969, amministratore delegato di Amstrad Italia dal 1987 al 1990.

Dott. Robert Noyce (Foto: Archivio personale Ing. Ettore Accenti)

Ha collaborato con giganti come Gordon Moore, Robert Noyce, Mike Markkula, Steve Jobs, Alan Sugar e Microsoft, trasformando le sue imprese in un caso di successo. La sua storia insegna come visione imprenditoriale, pensiero laterale e una rete di relazioni internazionali siano riuscite a portare l’innovazione tecnologica in un Paese ancora analogico.

Ancora oggi, a oltre vent’anni dal pensionamento a Lugano, Accenti continua a costruire futuro: ha inaugurato la Silicon Valley Library presso la SUPSI, Startup Garage, donando libri e documenti originali per ispirare le nuove generazioni di imprenditori con lo stesso spirito che ha animato la sua carriera.

Foto: Ing Ettore Accenti (Archivio personale)

1966-1987: Eledra 3S e il primo ponte con Intel

Agosto 1969. In un anonimo ufficio milanese nei pressi del Duomo, Accenti sfogliava riviste specializzate americane cercando nuovi prodotti da aggiungere al catalogo di Eledra 3S, azienda fondata tre anni prima mentre era ancora studente al Politecnico. Tra le pagine, un trafiletto catturò la sua attenzione: poche righe che informavano i lettori della nascita di una nuova azienda a Mountain View, California, la Intel Corp. (Integrated Electronics).

Ma non furono i prodotti a catturare la sua attenzione. Furono i nomi dei fondatori: Gordon Moore e Robert Noyce. I due erano già leggende viventi nel mondo dei semiconduttori: usciti nel 1956 dalla Shockley Semiconductor Laboratory per fondare Fairchild Semiconductor insieme ad altri sei pionieri. Per Accenti, quei nomi significavano molto: erano sinonimo di autorità tecnica assoluta.

La decisione fu immediata. Insieme alla dottoressa Eva, collaboratrice e futura signora Accenti, scrisse una lettera d’interesse alla Intel. Nel frattempo, studiò a fondo i chip che l’azienda californiana commercializzava: la memoria bipolare i3101 (RAM statica a 64 bit). Trascorsero mesi senza risposta. Poi, una telefonata inaspettata. Jens Paulsen, responsabile europeo di Intel, gli propose un incontro a Milano.

Dott. Gordon Moore e Famiglia Accenti alla Intel ( Foto: archivio personale)

Accenti si presentò con una cartellina di appunti su ogni chip Intel: Paulsen rimase colpito da quella preparazione meticolosa. L’esito? Una collaborazione di prova di tre mesi che avrebbe fatto di Accenti il primo rappresentante Intel in Europa.

Nonostante Intel commercializzasse solo due chip di memoria RAM statica (SRAM), la i3101 e la i1101, già dal 1969 aziende come IME, Olivetti e Siemens iniziarono a farne richiesta. Nel giro di vent’anni, Eledra 3S divenne la maggiore azienda italiana distributrice di elettronica. Era solo l’inizio di un’avventura che avrebbe portato Accenti a conoscere da vicino i giganti della Silicon Valley.

Ing. Ettore accenti e Dott. Gordon Moore cofondatore Intel (Foto: Archivio personale)

Tre mesi per l’impossibile: il modello Amstrad

Terminato il ciclo di vita di Eledra 3S con la difficile separazione da Olivetti, nel 1987 Accenti si trovava a un bivio. Alan Sugar, imprenditore britannico e fondatore di Amstrad plc, gli lanciò una sfida che molti definirono folle: creare dal nulla la filiale italiana in tre mesi.

Con agosto di mezzo, in quegli anni un mese praticamente inutilizzabile in Italia, restavano solo due mesi effettivi per costruire un’azienda operativa: uffici, magazzino, sistema informativo, dipendenti, rete di vendita.
Il 27 maggio 1987, Accenti volò a Brentwood con Eva. Incontrò Malcolm Miller, Jim Rice e Ken Ashcroft.

Quando gli chiesero quando avviare l’attività, Accenti non esitò: “Il primo settembre”. Le due mostre cruciali, il SIM il 3 settembre e lo SMAU il 16 settembre, erano alle porte. Un sorriso sardonico sul volto dei manager inglesi tradiva la loro incredulità: ritenevano impossibile realizzare tutto così velocemente.

Ma Accenti non ragionava come gli altri. Applicò un pensiero laterale radicale:
Per l’ufficio: scartò i convenzionali 400 mq vicino a Linate e scelse una palazzina di 2.000 mq in via Riccione: costo inferiore del 30% e spazio per crescere.

Per la logistica: scoprì i Magazzini Cariplo a Pavia, due capannoni da 10.000 mq ciascuno, originariamente usati per formaggi e latte, e li convertì in depositi per computer.

Ma la vera partita si giocava sulla rete di vendita. Rifiutato da Expert, Accenti ebbe un’intuizione geniale: si rivolse alla rete Singer, 500 punti vendita che vendevano macchine da cucire. L’accordo fu rivoluzionario: campionature in conto deposito, pagamento sul venduto, pubblicità a pagina intera sui quotidiani con i loro indirizzi.
Il giorno dopo presentò l’intera gamma alla convention a Villa Serbelloni di Bellagio. La dottoressa Eva ricorda ancora l’espressione scettica dei rivenditori Singer quando videro i primi PC: “Questi aggeggi non li venderemo mai“, sussurrò uno di loro. Il bilancio fu sorprendente: tra settembre e dicembre 1987, Amstrad Italia fatturò 20 miliardi di lire. L’impossibile era diventato possibile.

1987-1989: 120 miliardi e le alleanze strategiche

3 settembre 1987. Inaugurazione del SIM di Milano. Tra i giornalisti presenti, c’era un giovane Marco Travaglio de Il Giornale. Il giorno dopo, il Corriere della Sera titolò: “È arrivato in Italia l’Aiazzone dei computer”. Quel titolo valse più di qualsiasi campagna pubblicitaria.
Per stampa e TV, Accenti stipulò un contratto con Alberto Vitali, già autore della campagna pubblicitaria di successo per il Commodore 64 del 1984-85.

Sim 1987 Conferenza Stampa Ing. Ettore Accenti, Marco Travaglio de Il Giornale

Vitali gli rivelò la formula vincente: “Massimo numero di uscite al minimo costo”. Niente pianificazione rigida: pubblicità ogni giorno a chi offriva le condizioni migliori. I media in competizione tra loro. I numeri parlarono chiaro. Nel 1988 Nielsen, istituto leader nelle ricerche di mercato, incoronò l’azienda britannica prima nel settore con una spesa a listino di 15,208 miliardi (IBM seconda con 9,555 miliardi, Olivetti terza con 9,165). La spesa reale? Un quinto. Moltiplicatore dell’effetto: da due a tre volte la concorrenza.

Per l’assistenza tecnica, Accenti scommise su Filippo Bua, gestore di una rete di centri d’assistenza specializzato in elettrodomestici ma completamente a digiuno di computer. Come lo convinse? Con un argomento disarmante: “Riparare un PC è più facile di un televisore. Programmi di diagnostica, sostituzione di schede”. Bua accettò la sfida e trasformò la sua organizzazione in PE92, leader italiano dell’assistenza informatica.
Per l’editoria specializzata, Accenti coinvolse Jacopo Castelfranchi. Accenti sbloccò un vecchio contratto GBC ricomprando l’invenduto, trasformando Castelfranchi in alleato strategico. Con la sua casa editrice JCE, lanciò Amstrad Magazine: oltre 20.000 copie in edicola, numeri che molte riviste tecniche potevano solo sognare.

Il fattore Microsoft e il computer “Ignazio”

Fine anni 80. Arrivò la collaborazione più strategica: Microsoft. Amstrad stava per lanciare i nuovi PC con processori Intel 286 e 386. Serviva qualcosa di smart, un elemento di unicità. L’intuizione di Accenti fu semplice ma efficace: immetterli sul mercato con il nuovo foglio di calcolo Microsoft Excel 3 già preinstallato.

Chiese l’esclusiva per alcuni mesi. Risposta di Microsoft Italia: impossibile. Ma Accenti trovò un’alternativa: niente esclusiva, ma una fornitura massiccia che permise una campagna pubblicitaria congiunta Microsoft-Amstrad. L’esito? La filiale italiana divenne la prima al mondo a superare, con Excel 3, lo storico Lotus 1-2-3, il foglio di calcolo dominante degli anni 80.

Il successo con Excel aprì la strada ad altre partnership. La collaborazione si allargò a ESA Software e TC Sistema: i rivenditori Advanced chiedevano software gestionale e soluzioni complete.

Il brand raggiunse l’apice della popolarità il 20 gennaio 1990, dal palcoscenico televisivo più popolare d’Italia: il Maurizio Costanzo Show. Costanzo, scherzando, propose di chiamare un computer “Ignazio”. Accenti non perse un secondo: “Vuol vedere che lancio davvero un computer Ignazio con Amstrad?”. Il pubblico applaudì. Il marchio era ormai un fenomeno di massa.

Ing. Ettore Accenti al Maurizio Costanzo Show (Foto: Archivio personale)

La rivoluzione commerciale funzionava. I numeri erano inequivocabili: da 20 miliardi nei quattro mesi finali del 1987, a 90 miliardi nel 1988, fino a 120 miliardi nel 1989. In tre anni, Accenti creò un mercato da zero a 112 miliardi di lire, con un fatturato complessivo di oltre 220 miliardi. Da 15 a oltre 60 dipendenti. Da zero a oltre 2.000 punti vendita. Un’ascesa senza precedenti.

L’Exit: Dignità oltre il Profitto

Agosto 1990. Amstrad iniziò a cambiare le politiche che avevano creato il successo italiano. Il sistema che fino a quel momento aveva funzionato perfettamente iniziò a incepparsi: pubblicità delegata ad agenzie europee centralizzate, piani di vendita stravolti, sconti imposti dall’alto. Accenti reagì. Dedicò un’intera settimana di agosto a preparare un rapporto di 10 pagine per Alan Sugar, dettagliando tutte le sue perplessità. La risposta di Sugar fu incoraggiante: “Nel tuo rapporto c’è del buon senso”.
Dopo una Convention a Roma all’Hotel Villa Pamphili, con rivenditori Advanced e lo stesso Alan Sugar, tutto sembrò risolto.

Ma di lì a poco, le richieste assurde ripresero. Accenti convocò allora un CDA straordinario a Brentwood per il 21 settembre. Una mossa audace: mai una filiale aveva convocato un CDA presso la casa madre. Il piano di Accenti venne approvato. Ma dopo pochi giorni, le pressioni ricominciarono come se quel CDA non fosse mai avvenuto.

Accenti mandò un fax duro a Sugar. Il fondatore di Amstrad, sentendosi chiamato in causa direttamente, volò a Milano nell’ufficio di via Riccione. Il confronto fu franco e diretto. Sugar disse di trovarsi ad un bivio, dover scegliere tra Accenti e i suoi dirigenti inglesi. Accenti comprese immediatamente: le sue battaglie erano state interpretate come volontà di scalzare qualcuno. Guardò Sugar negli occhi: “Nessuna scelta necessaria. Rassegno le dimissioni”. Firmarono un accordo su un pezzo di carta. Ottobre 1990. Accenti uscì dall’ufficio di via Riccione con una sensazione strana: sollievo misto a incredulità. Tre anni intensi conclusi in dieci minuti.

Il crollo e la rinascita

Il declino fu rapido. Chi successe ad Accenti non aveva esperienza manageriale. Spezzarono il meccanismo virtuoso: delegarono la pubblicità, concessero sconti per quantità, allungarono i pagamenti. I rivenditori persero fiducia. Il fatturato crollò. I problemi di credito esplosero. L’11 dicembre, Amstrad Plc pubblicò un comunicato che suonava come una resa: “Amstrad Plc ringrazia l’ingegnere Ettore Accenti per aver portato il fatturato di Amstrad Spa da zero a 112 miliardi di Lire”.

Mentre Amstrad affondava, Accenti ricevette una chiamata da Memorex-Telex: 2 miliardi di dollari di fatturato, 10.000 dipendenti, 27 filiali. Concorrente principale: IBM. Clienti: grandi aziende, linee aeree, aeroporti, governi. Dicembre 1990, Parigi. Pranzo all’ombra della torre Eiffel con Jean Claude Zanolli, vicepresidente esecutivo di Memorex-Telex. La domanda arrivò diretta: “Che ne pensi?”. Accenti: “Servono due giorni per parlarne con Eva” Zanolli ribatté: “Due giorni sono troppi, dimmi sì o no prima di finire il caffè”. Negoziarono la sede: Londra? No. Parigi? Forse. Lugano? Sì. A due passi da Milano.

Da gennaio 1991, Accenti divenne globetrotter per Memorex-Telex. Responsabilità: Europa, Sud America, Medio Oriente, Africa, area Pacifico. 18 gennaio 1991, tre giorni dopo l’inizio: scoppiò la prima guerra in Iraq. Tutti i manager di società americane furono invitati a non volare. Accenti non cambiò programma. Il 20 gennaio decollò per il Venezuela. Un’avventura internazionale che sarebbe durata tre anni.

Dott. Ing. Ettore Accenti ( Foto: archivio personale)

Ettore Accenti oggi: è un modello ripetibile?

Quando gli chiediamo se oggi sarebbe possibile replicare un’operazione come quella di Amstrad, Accenti riflette con lucidità: “La risposta è no, non con le stesse modalità. I tempi cambiano, i prodotti cambiano, gli strumenti devono essere completamente diversi. Ma operazioni di marketing massicce e penetranti sono ancora possibili”.

Accenti traccia un parallelo illuminante con l’oggi: “Apple ha venduto oltre un miliardo di iPhone in tutto il mondo a prezzi altissimi. Il successo dipende sempre da tre pilastri: tecnologia avanzatissima, prodotto desiderabile per tutti, canale di vendita che dilaziona il costo attraverso gli abbonamenti”. “Come Amstrad, anche Apple produce in Estremo Oriente e distribuisce globalmente con margini percentuali simili a quelli che conseguimmo tra il 1986 e il 1988. Due aziende molto diverse, in epoche lontane, con strategie opposte, ma entrambe capaci di provocare desiderio e smania di possedere”.

La storia di Accenti dimostra che il successo dipende da visione imprenditoriale, capacità di uscire dagli schemi, costruzione di reti di relazioni internazionali. Studente del Politecnico diventato primo rappresentante Intel in Europa. Fondatore di Eledra 3S, successivamente collaboratore di Gordon Moore, Robert Noyce, Steve Jobs, Alan Sugar e Microsoft. In tre anni: un fatturato miliardario. Un ponte tra Silicon Valley e Italia che ha portato innovazione in un Paese ancora analogico. Una storia italiana di visione, coraggio e capacità di reinventarsi continuamente.

Si ringrazia l’Ing. Ettore Accenti per aver aperto i propri archivi alla redazione di Cuenews, condividendo memorie storiche, documenti e immagini esclusive della Silicon Valley Library.

Carlo Denza