Se diventi vittima dei truffatori e perdi i tuoi soldi, ora la Banca deve restituirti tutto | Lo dice la Legge: hai diritto anche agli interessi

Truffa rimborso banca (Canva foto) - www.systemscue.it
Un caso riaccende il dibattito sulla responsabilità delle banche davanti alle truffe informatiche ai danni dei correntisti.
In un’epoca in cui le tecniche di phishing sono sempre più raffinate, distinguere il vero dal falso è diventato complicato.
Oggi il rischio non arriva più solo da link sconosciuti o siti ambigui: gli attacchi informatici colpiscono attraverso i canali più familiari. SMS e chiamate, spesso con numeri identici a quelli ufficiali degli istituti bancari, si inseriscono nelle conversazioni reali con la banca, confondendo anche i clienti più attenti.
Chi è vittima di questi raggiri, però, si trova spesso in un limbo: da un lato il danno economico subito, dall’altro l’assenza di tutele immediate da parte della banca. Quando il pagamento è stato autorizzato tramite credenziali personali, gli istituti tendono a sottrarsi al rimborso, scaricando la responsabilità sul cliente. Una posizione che negli ultimi anni ha sollevato diverse contestazioni legali.
Ma qualcosa sembra cambiare. Un recente episodio ha costretto una banca a rivedere la propria posizione dopo che un correntista, vittima di phishing, si è rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario. Il caso, ben documentato e tecnicamente complesso, ha messo in luce falle nei sistemi di autenticazione, aprendo una strada diversa rispetto al passato.
Quando la truffa si nasconde tra messaggi autentici
L’episodio è avvenuto a seguito di un SMS ingannevole che riproduceva in modo fedele le comunicazioni ufficiali della banca. Dopo il messaggio, una telefonata ha rafforzato l’inganno, spingendo il correntista a inserire le proprie credenziali. L’operazione è andata a buon fine solo per i truffatori, che hanno prelevato 1.680 euro dal conto della vittima. Il cliente ha subito contestato l’addebito, ma la banca ha negato il rimborso, sostenendo che l’operazione era stata regolarmente autorizzata.
Non soddisfatto della risposta, il correntista ha presentato ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, che ha esaminato i log dell’operazione e non ha trovato tracce di un secondo fattore di autenticazione, come previsto dalla normativa SCA. Come riporta Informazioneoggi, l’assenza del PIN o di un altro elemento indipendente ha invalidato la legittimità del pagamento, obbligando la banca a restituire l’intera somma sottratta.

La decisione che cambia il rapporto cliente-banca
La sentenza dell’ABF (Decisione n. 3616 del 9 aprile 2025) ha disposto non solo il rimborso di 1.680 euro alla vittima, ma anche un contributo spese di 20 euro a favore del cliente e 200 euro da versare alla Banca d’Italia da parte dell’istituto. Tuttavia, è stata respinta la richiesta di restituzione delle commissioni bancarie, per mancanza di dettagli precisi. Il verdetto chiarisce un principio fondamentale: se manca la prova dell’autenticazione forte, la banca non può sottrarsi al risarcimento.
La truffa, definita particolarmente subdola e ben orchestrata, ha evidenziato come il contesto digitale attuale richieda maggiore trasparenza e standard di sicurezza realmente efficaci. In assenza di una protezione adeguata, il cliente non può essere considerato responsabile dell’addebito.