Pagamenti tracciabili si, ma il Fisco questi non li accetta | Se paghi sempre così sei finito: rischi grosso

Pagamenti elettronici

Pagamenti elettronici (Canva foto) - www.systemscue.it

Il Fisco detta le regole: non tutti i pagamenti digitali garantiscono l’accesso alle detrazioni fiscali, scopri come funziona.

Negli ultimi anni la quotidianità degli italiani è stata trasformata dalla diffusione dei pagamenti digitali. Dal supermercato alle spese sanitarie, ormai basta uno smartphone o una carta per saldare il conto. Questo cambiamento ha ridotto progressivamente l’uso del contante, aprendo la strada a una società sempre più orientata verso la tracciabilità.

La comodità è evidente: app bancarie, wallet elettronici e servizi online permettono di gestire operazioni in pochi secondi. Tuttavia, dietro la semplicità dell’atto di pagare si nasconde un tema centrale, ossia il rapporto tra cittadini e Fisco. Non sempre infatti ciò che risulta pratico nella vita quotidiana trova immediata corrispondenza con le regole fiscali.

Il principio della tracciabilità, introdotto con la Legge di Bilancio 2020, ha sancito che solo determinati metodi di pagamento consentono di ottenere le detrazioni Irpef. In altre parole, non basta dimostrare di aver speso: serve anche che la modalità scelta permetta di identificare in modo chiaro chi paga e chi incassa.

Ecco quindi che la questione si fa più complessa. Strumenti che oggi usiamo tutti i giorni possono avere un trattamento diverso agli occhi dell’Agenzia delle Entrate. Alcuni sono considerati pienamente validi, altri invece restano esclusi dalle agevolazioni fiscali, creando una distinzione che non tutti conoscono.

Quando la semplicità incontra le regole fiscali

Carte di credito, bancomat e bonifici rientrano tra i pagamenti riconosciuti dal Fisco. Lo stesso vale per assegni, MAV e PagoPA, strumenti che garantiscono la possibilità di ricostruire con precisione il percorso del denaro. Secondo l’Agenzia delle Entrate, ciò che conta è la presenza di una documentazione certa e verificabile.

Il discorso si estende anche alle app e ai portafogli digitali. Questi sono ammessi solo se collegati a un conto bancario intestato al contribuente e se l’operatore che li gestisce è sottoposto a vigilanza, ad esempio tramite l’albo della Banca d’Italia. In questi casi diventa fondamentale conservare ricevute digitali, estratti conto o conferme via e-mail che attestino il pagamento.

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Pagamenti elettronici fisco (Canva foto) – www.systemscue.it

I pagamenti che il fisco non riconosce

Diversa la posizione dell’Agenzia delle Entrate su altri strumenti, in particolare sulle criptovalute. Bitcoin, Ethereum e le principali monete digitali non vengono accettati ai fini delle detrazioni fiscali, poiché non consentono di associare con certezza un nominativo e un codice fiscale al beneficiario. Lo stesso vale per i circuiti locali di moneta alternativa, che non garantiscono la trasparenza richiesta.

Come sottolinea Brocardi, il problema non riguarda tanto la tecnologia quanto l’identificazione dei soggetti coinvolti. Le transazioni su blockchain, pur essendo permanenti, mostrano solo codici alfanumerici. Fino a quando non verranno introdotte nuove regole più precise, il Fisco continuerà a escludere questi strumenti dal perimetro delle agevolazioni.