Illustrazione di un chip quantistico (Canva FOTO) - systemscue.it
Lo spazio diventerà “più accessibile” grazie ad innovazioni come queste. Presto questi particolari chip sono stati mandati in orbita.
Il 23 giugno del 2025, due processori quantistici fotonici italiani sono finiti in orbita. A realizzarli è stato il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che insieme a una rete di partner europei (tra cui l’Università di Vienna e la Technische Universität München), ha portato nello spazio due chip progettati per lavorare in condizioni estreme. I dispositivi sono stati caricati su due satelliti distinti, lanciati con lo stesso razzo dalla base americana di Vandenberg, in California.
È la prima volta che accade qualcosa del genere. E non si tratta solo di un traguardo simbolico: questi chip svolgeranno lavori importanti come il calcolo quantistico o esperimenti di fisica fondamentale. Entrambi i dispositivi sono frutto del lavoro dei laboratori del Cnr-Ifn di Milano, sotto la guida di Roberto Osellame.
Come riportato da Comunicato Stampa, il progetto si inserisce in un contesto in cui la corsa allo spazio si fa sempre più tecnologica, e l’idea di portare strumenti quantistici a bordo dei satelliti non è più un sogno. È una realtà che richiede tecnologie robuste, miniaturizzate, resistenti alle radiazioni e soprattutto autonome.
Le missioni sono ora nella fase di avvio operativo: si stanno stabilendo le comunicazioni con i due satelliti e si stanno predisponendo le prime misure sperimentali. L’obiettivo? Da un lato, valutare se la computazione quantistica può funzionare anche in orbita; dall’altro, osservare da vicino come si comportano i fenomeni quantistici in condizioni di microgravità.
Come riportato dal Comunicato Stampa del CNR, il primo satellite lanciato ospita un chip quantistico fotonico pensato per eseguire operazioni di calcolo autonomamente. È un esperimento guidato dall’Università di Vienna, che punta a verificare se sia davvero possibile affidare a un processore quantistico un ruolo operativo nello spazio, senza la necessità di interventi esterni.
Nel secondo satellite, invece, c’è un altro chip, sempre progettato dal team del CNR, ma destinato a scopi un po’ diversi: testare alcuni aspetti fondamentali della meccanica quantistica. La missione, sviluppata in collaborazione con la Technische Universität München, servirà a raccogliere dati per studiare come si comportano le particelle e i sistemi quantistici in condizioni di microgravità, fuori dalla Terra.
Come riportato dal Comunicato Stampa del CNR, a progettare e realizzare entrambi i dispositivi è stato il gruppo guidato da Roberto Osellame, con il coordinamento scientifico dei ricercatori del Cnr Francesco Ceccarelli e Giacomo Corrielli. Tutto è stato costruito nei laboratori milanesi del Cnr-Ifn. Il vero punto di forza? La capacità di combinare robustezza meccanica e precisione ottica. Questi chip hanno superato test severissimi: vibrazioni, sbalzi termici, urti e perfino radiazioni ionizzanti, quelle che si trovano solo oltre l’atmosfera terrestre.
Il design modulare e compatto ha permesso di rispettare tutti i requisiti per il lancio in orbita, inclusi peso e consumi energetici ridotti. Ora, con le comunicazioni avviate e i test in partenza, si punta a un doppio obiettivo: da un lato, dimostrare che i chip quantistici possono operare da soli nello spazio; dall’altro, esplorare le implicazioni teoriche e pratiche dei fenomeni quantistici in condizioni estreme.