Il datore di lavoro deve risarcirti fino all’ultimo centesimo | La Legge è dalla tua parte: non può negarti la pausa bagno

Un rimborso dovuto (Canva) - systemscue.it
Se uno dei diritti davvero inalienabili dell’uomo, gli vien negato, quest’ultimo può adesso procedere per vie legali.
Ogni essere umano, nasce con diritti fondamentali che non possono esser, né negati, né revocati. Diritti i quali, detti inalienabili, son riconosciuti universalmente come elementi essenziali, per garantire la dignità e il rispetto della persona.
Fra i principali diritti inalienabili, vi son sicuramente la libertà di espressione, di pensiero, di religione; e il diritto alla vita, alla sicurezza e all’integrità fisica. Tanto che nessuno può, infatti, esser privato della propria libertà arbitrariamente, né sottoposto a torture o trattamenti degradanti.
Non a caso, ogni individuo ha diritto a un giusto processo, all’uguaglianza davanti alla legge, e a un’istruzione che gli permetta di sviluppare le proprie capacità. Poiché l’accesso al sapere è uno strumento chiave per la crescita personale, e la partecipazione attiva alla società.
Diritti stati sanciti da documenti fondamentali come la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, e che rappresentano proprio un patrimonio comune da tutelare, senza distinzioni di sesso, razza, religione, o condizione sociale.
Un diritto non negoziabile
Negare a un lavoratore la possibilità di soddisfare un bisogno fisiologico, si configura come lesione grave della dignità personale. Difatti, la recente sentenza 12504/2025 della Corte di Cassazione, ribadisce che il rispetto dei diritti fondamentali del dipendente, dev’esser prioritario, rispetto a qualsiasi prassi interna aziendale. E secondo quanto riportato da quifinanza.it, l’episodio che ha portato a questo pronunciamento è stato definito “grottesco“, ma sottolineante un problema concreto e tutt’altro che marginale, nel mondo del lavoro.
Nello specifico, un operaio di un’azienda automobilistica si è visto negare il permesso di andare in bagno, durante l’orario lavorativo. E nonostante ripetute richieste, e l’attivazione del dispositivo d’emergenza, l’autorizzazione del team leader non è mai arrivata. Costringendo l’uomo a trattenersi fino allo stremo, a tal punto da essersi poi urinato nei pantaloni, subendo quindi una profonda umiliazione. Per di più, non gli è stato concesso subito, nemmeno il cambio d’abiti, avvenuto invece in un ambiente privo di privacy, davanti ai colleghi.

La decisione della Cassazione
I giudici di primo e secondo grado, avevano già accolto la richiesta di risarcimento per danno non patrimoniale, richiamandosi all’art. 2087 del Codice Civile. Così la Cassazione ha confermato la condanna del datore di lavoro, al pagamento di 5 mila euro, oltre alle spese legali; sottolineando, inoltre, l’obbligo per l’impresa di garantire l’integrità fisica e morale dei propri lavoratori, anche nelle situazioni più “banali”.
Un caso, tuttavia, non isolato nella giurisprudenza. Infatti, già in passato la Cassazione Penale aveva riconosciuto il bisogno fisiologico, come giustificato per una sosta d’emergenza in auto. Stesso principio che va applicato nei luoghi di lavoro. Ragion per cui, le aziende devono rivedere le proprie regole interne, prevedendo strumenti che permettano l’accesso rapido ai servizi igienici. Tali che, in caso contrario, i dipendenti possano agire appunto legalmente, e ottenere giustizia.