FISCO, non commettere questo errore | Una dimenticanza vale un botto di soldi: finisci col dover pagare anche i debiti prescritti

Uomo disperato e soldi (Depositphotos foto) - www.systemcue.it
Una semplice dimenticanza può trasformarsi in un incubo fiscale: ecco cosa rischi davvero e a cosa devi fare attenzione.
Quando si parla di fisco, si pensa subito a numeri, moduli e scadenze. Ma la verità è che a volte basta davvero poco per trovarsi in un pasticcio. Una svista ed ecco che qualcosa che sembrava ormai chiuso può tornare a galla, con interessi. E no, non quelli bancari.
Negli ultimi tempi, alcuni avvisi ufficiali sembrano fatti apposta per passare inosservati. Ma dietro un linguaggio apparentemente tecnico e innocuo, si possono nascondere implicazioni molto concrete. Capita spesso che, pensando sia ormai andata, si lasci perdere. Invece, ecco dove sbagliano in tanti.
C’è questa convinzione piuttosto diffusa che, dopo tot anni, i vecchi debiti con lo Stato si dissolvano nel nulla. Ma attenzione: quello che valeva fino a ieri potrebbe non valere più oggi. E nel fisco italiano, lo sappiamo, le regole cambiano spesso — o meglio, si interpretano in modi diversi a seconda del momento.
Quindi, se ricevi una nuova intimazione su una cartella vecchia, magari dimenticata da anni, non pensare che non valga nulla solo perché è passata una vita. Perché — ed è qui che la questione si complica — l’inerzia può trasformarsi in consenso. Sì, anche senza volerlo.
Una svolta che cambia tutto
Come riporta anche Dailybest.it, c’è una sentenza della Cassazione (la n. 20476 del 2025, per i più precisi) che ha messo un bel punto fermo su una questione spinosa. In pratica: se ricevi un’intimazione di pagamento legata a una cartella già prescritta e non fai ricorso entro un limite prestabilito è come se dicessi “ok, pago”. Anche se dentro di te pensi esattamente l’opposto.
La Corte lo chiama “sanatoria per inerzia” — che suona quasi come una cura, ma no, qui si parla di soldi veri. Se non reagisci in tempo, quel debito morto ritorna in vita. Anzi, peggio: diventa attivo, ufficiale, esigibile. E da lì, addio contestazioni. Ma entro quanto tempo si può fare ricorso?

Il silenzio che può costarti caro
La parte più assurda è che tutto parte da un pezzo di carta: l’intimazione di pagamento. Un foglio che può arrivarti anche dieci anni dopo la cartella originale. Ma se lo ignori, stai praticamente dicendo di essere d’accordo con la richiesta. Anche se non lo sei, anche se ci sono errori, anche se il debito era… boh, sbagliato fin dall’inizio.
In passato molti aspettavano l’ultimo momento — tipo pignoramenti o ipoteche — per muoversi. Ma oggi è rischioso: basta non fare niente, e zac, il debito si riattiva. E niente, se non impugni in tempo (entro quei famosi 60 giorni), ti ritrovi a dover pagare anche ciò che pensavi ormai archiviato. Meglio quindi farsi seguire da qualcuno che ci capisce davvero, anche solo per evitare che una svista ti svuoti il conto.