Illustrazione di un dispositivo neurale (Canva FOTO) - systemscue.it
Sono in arrivo nuovi dispositivi che svolgeranno una funzione simile a quelli di Neuralink, ma saranno già testati e più piccoli.
La scena della tecnologia medica in Cina sta cambiando a vista d’occhio. Da qualche tempo si parla sempre più spesso di chip cerebrali, quei dispositivi che collegano direttamente il cervello umano alle macchine. E non è solo fantascienza: una delle storie più eclatanti riguarda un uomo senza arti che è riuscito a giocare al computer grazie a un impianto cerebrale. Roba da restare a bocca aperta.
Come riportato su Nature News da Smriti Mallapaty, questa tecnologia nota come interfaccia cervello-computer (BCI), non è nuova, ma il fatto curioso è che ora sta prendendo piede anche in Cina. Un’azienda di Shanghai, la StairMed, ha sviluppato un sistema simile a quello di Neuralink, ma più compatto e meno invasivo. Forse non è ancora all’altezza degli standard americani, ma il ritmo con cui i ricercatori cinesi stanno facendo progressi fa riflettere.
Secondo alcuni esperti, il vantaggio della Cina non è solo tecnologico, ma anche logistico: può contare su un vasto sistema sanitario e su una popolazione numerosa per testare su larga scala queste innovazioni. Il governo, intanto, ha messo questi progetti in cima alla lista delle priorità, iniettando fondi e coinvolgendo giovani ricercatori con legami forti all’industria. Insomma, la macchina si è messa in moto.
Certo, bisogna fare una precisazione: molti dei risultati resi noti finora non sono ancora passati al vaglio della peer review, come questo, quindi servono cautela e spirito critico. Ma il fermento c’è, e gli sviluppi promettono di rivoluzionare la vita di tante persone con disabilità motorie e del linguaggio.
Uno dei progetti più interessanti si chiama NEO: un dispositivo wireless poco invasivo, progettato per aiutare persone con paralisi a muovere le mani attraverso un guanto pneumatico. Sì, avete capito bene: otto sonde vengono posizionate sulla dura madre, la membrana esterna del cervello, e il segnale che ne deriva serve per controllare il movimento della mano. Il primo impianto è stato effettuato nell’ottobre 2023, e dopo 20 mesi il paziente riesce a mangiare e bere da solo. Finora, 20 persone hanno ricevuto l’impianto.
La risoluzione del segnale di NEO non è altissima, perché si raccolgono dati da gruppi di neuroni piuttosto che da singoli, ma il compromesso ha i suoi vantaggi: il dispositivo è meno invasivo e ha un’autonomia operativa maggiore. Tra i ricercatori coinvolti c’è anche il team dell’Università Tsinghua, che ha pubblicato su Nature Electronics uno studio su chip neuromorfici in grado di decodificare i segnali cerebrali in modo più efficiente. L’obiettivo? Miniaturizzare ancora di più i dispositivi, renderli più rapidi e meno assetati di energia.
Altri dispositivi spingono ancora oltre. Nel luglio 2024, una donna con epilessia è stata sottoposta a un impianto da 256 sonde sul suo cervello, realizzato dalla startup NeuroXess. Dopo due settimane di pratica, è riuscita a usare il dispositivo per navigare nei social e manovrare una sedia a rotelle. Ma il vero colpo di scena è arrivato qualche mese dopo, quando la stessa azienda ha impiantato un BCI in un’altra donna, permettendole di comunicare in mandarino in tempo reale, a una velocità di 50 parole al minuto.
Infine, c’è il progetto più ambizioso di tutti: un’interfaccia cerebrale profonda sviluppata da StairMed. Si tratta del primo vero trial clinico in Cina con sonde invasive che penetrano la corteccia cerebrale. Le sonde, sottilissime, più fini di un capello, sono collegate a un chip che trasmette i dati senza fili.