Uno studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha dimostrato come i gusci di mandorla possano essere trasformati in materiali per l’elettronica.
Questi sopno altamente conduttivi e biodegradabili per la realizzazione di sensori e circuiti elettronici. Questo risultato apre la strada a un nuovo paradigma per l’elettronica green, basato su materiali naturali, riciclati e a impatto zero.
La crescente necessità di soluzioni sostenibili nel settore dell’elettronica ha spinto la ricerca verso l’utilizzo di materiali bioderivati e biodegradabili. In questo contesto si inserisce il progetto LIGASH (Laser Induced Graphene from waste Almond Shells), coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha portato alla trasformazione di gusci di mandorla in un materiale conduttivo innovativo.
Il team, guidato dal professore associato di bioingegneria Francesco Greco, ha ottenuto risultati pubblicati sulla rivista Advanced Functional Materials, dimostrando che da un rifiuto agroalimentare si possono generare circuiti e sensori biodegradabili, con applicazioni in ambito ambientale, medico ed elettronico flessibile.
I gusci di mandorla rappresentano una frazione importante degli scarti della filiera agroalimentare, spesso difficili da smaltire e privi di valore commerciale. La loro struttura è particolarmente ricca di lignina, un polimero organico contenente carbonio in alta concentrazione, ideale come precursore del grafene.
Grazie alla collaborazione con l’azienda DAMIANO Organics SpA, leader mondiale nelle mandorle biologiche, i ricercatori hanno potuto ottenere una quantità significativa di materiale di partenza, utile alla sperimentazione e caratterizzazione chimica preliminare.
Il processo sfrutta una tecnologia nota come Laser Induced Graphene (LIG), in cui materiali organici ad alto contenuto di carbonio vengono irradiati con fasci laser ad alta energia per produrre una forma di grafene poroso. Nel caso specifico:
Uno degli aspetti più innovativi del composito a base di guscio di mandorla è la sua completa biodegradabilità: nel suolo si degrada naturalmente entro 90 giorni, senza rilasciare microplastiche o residui tossici.
Il materiale ottenuto è stato testato nella costruzione di diversi componenti elettronici flessibili, tra cui:
Secondo Yulia Steksova, dottoranda e prima autrice dello studio, “abbiamo scritto il LIG con due tipologie di laser. I materiali ottenuti sono stati impiegati con successo per realizzare circuiti e sensori, con risultati molto promettenti in termini di efficienza e integrabilità.”
Uno degli aspetti più interessanti del progetto LIGASH è la sua visione circolare: tutto parte da un rifiuto agricolo e ritorna alla natura, senza generare rifiuti persistenti. Secondo Francesco Greco, “questa è una dimostrazione concreta di upcycling funzionale: trasformare ciò che non ha valore in una risorsa tecnologica.”
L’obiettivo a medio termine è lo sviluppo di sistemi sensoristici per il monitoraggio ambientale, in particolare per umidità dell’aria, qualità del suolo e delle acque, che possano degradarsi dopo l’uso senza necessità di recupero o smaltimento.
Il composito guscio di mandorla-chitosano ha mostrato caratteristiche meccaniche e tattili simili alla pelle: flessibilità, resistenza alla trazione, cucibilità. Questo apre la strada a possibili impieghi anche in ambito tessile, moda sostenibile e design industriale, come alternativa ecocompatibile alla pelle animale o sintetica.
Il progetto LIGASH non si ferma ai gusci di mandorla. Il team sta ora esplorando:
Il potenziale applicativo è vastissimo, e l’approccio è replicabile in diverse filiere agricole, creando un ponte diretto tra agricoltura, bioeconomia e innovazione tecnologica.
Alla base del progetto vi è un’integrazione scientifica tra bioingegneria e scienze agrarie, resa possibile dalla collaborazione tra:
Secondo Sebastiani, “questa collaborazione dimostra come l’innovazione possa rendere sostenibile l’agricoltura, anche attraverso il riciclo creativo degli scarti.”
Il progetto LIGASH rappresenta una delle più avanzate esperienze di convergenza tra scienze dei materiali, elettronica verde e sostenibilità. Dimostra che è possibile realizzare dispositivi elettronici completamente naturali, degradabili, a basso costo e con impatto ambientale nullo.
Non si tratta solo di una tecnologia, ma di un cambio di paradigma: pensare l’elettronica non come qualcosa di intrinsecamente inquinante, ma come una estensione della biomassa, capace di integrarsi nei cicli naturali.
Le ricadute potenziali vanno ben oltre i sensori: dai dispositivi medici temporanei agli imballaggi intelligenti, dalle fibre tessili elettroniche a nuove soluzioni per l’internet delle piante.
In un’epoca di transizione ecologica e digitale, soluzioni come quella sviluppata alla Scuola Superiore Sant’Anna indicano una direzione concreta verso un’elettronica progettata dalla natura, per la natura.